L’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con  cittadini italiani è disciplinata dagli artt. 5 e 6 della legge 91/1992.


Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.


I termini previsti sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.


Ai prefetti è attribuita la competenza ad adottare provvedimenti in materia di concessione o diniego della cittadinanza nei confronti di cittadini stranieri coniugi di cittadini italiani residenti in Italia.


La competenza è, invece, del Capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, qualora il coniuge straniero abbia la residenza all’estero, e del Ministro dell’Interno nel caso sussistano ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica.


La legge di conversione 1° dicembre 2018 n. 132 del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, prevede il requisito della conoscenza della lingua italiana per i richiedenti la cittadinanza italiana per matrimonio.


Il termine massimo per la conclusione del procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana per matrimonio è di 24 mesi prorogabili sino a 36. Difatti, l’articolo 9-ter della legge n. 91/1992, introdotto dal D.L. n. 113 del 2018, è stato recentemente modificato in forza della legge 18 dicembre 2020 n. 173 di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020 n. 130.


Tale previsione normativa trova applicazione per le domande di cittadinanza per matrimonio presentate alla data di entrata in vigore della legge di conversione pubblicata sulla G.U. Serie Generale n. 314 del 19.12.2020.